MARTÈN DELLE ONDE

Testo e regia Enzo G. Cecchi

Con Gian Marco Zappalaglio, Enzo G. Cecchi, Michele Dallagiacoma

Segnalazione al Festival "Narni Opera Prima 1988"


Lo spettacolo rivelazione di Piccolo Parallelo del 1987 viene ripreso dopo 23 anni nella messa in scena originale. In uno spazio invaso da 5 quintali di granoturco si sgrana la tragedia dei tre fratelli contadini. Martèn è il soprannome del capostipite di questa famiglia, L'uomo delle onde è la traduzione di un termine giapponese (rònin, uomo trascinato dalle onde) che indica il Samurai senza padrone. Dopo alcuni anni di separazione tre fratelli si ritrovano per una notte nella casa natale dove il più anziano che li ha convocati continua ostinatamente ad abitare. È la notte che precede il matrimonio del più giovane, Andrea che vuole ritornare al paese e viverci con la futura moglie. Alessandro detto Ciandri era uscito di casa dopo la morte della madre e di lui non si era saputo più nulla. Francesco il più anziano detto Cesco sente il ruolo di "pater familae", ha comperato la casa dove erano nati ed è contadino. Aspetta i fratelli e vuole festeggiare. Questi tre fratelli sono tre "rònin" tre persone isolate, indurite dalla vita e corazzate di orgoglio che nè gli affetti nè scontri riescono a scalfire.


così la stampa 1987/1991:


« ... un lavoro vivido intenso, uno dei migliori in assoluto realizzati dai gruppi teatrali delle ultime generazioni».
PAESE SERA, M. Palladini


« ... uno spettacolo avvincente per la sua carica di verità e per la rara capacità di attingere a radici popolari».
LA REPUBBLICA, F. Quadri


«Un'opera che aggiunge ad una visceralità poetica l'armonia della forma. Un'opera/spettacolo da ritenersi "compiuta" nella sua realizzazione rigorosa ed efficace».
IL POPOLO, I. Mezza


« ... conviene segnalare in rosso questi due giovani attori, come una alternativa concreta al dilagante Teatro del consenso».
IL MANIFESTO, G. Manzella


« ... C'è una qualità sotterranea che corre dietro ogni azione, c'è la voglia di guardare il reale e di trascriverlo senza misticismi».
L'UNITÀ, A. Marrone


« ... Un crescendo emozionale lega scena dopo scena, ed anche il passato, presente futuro dei tre fratelli, caratterizzati da nodosità comportamentali da cui scaturiscono le tensioni che portano ad una mirabile "scena madre" finale».
SIPARIO, S. Franci


«Martèn sembra uno spettacolo freddo e tormentato, monotono e inquieto. Ma questi contrasti non sono affatto negativi: anzi vivono nello spettacolo una certa concretezza e sincerità che forse è il dato più interessante ... ».
LA REPUBBLICA, Anna Bandettini


«È uno spettacolo di scabra suggestione, da "nuovo" teatro povero in cui si avverte ancora un certo scompenso tra parola ed azione, tra racconto gestualità e corporeità».
LA STAMPA, Guido Davico Bonino


«Martèn ... si propone come "teatralità originaria". È una forma di spettacolo drammatico che intende comunicare l'esperienza metafisica nascosta tra le pieghe del pensiero umano e che cerca di completare la parziale immagine della realtà, integrandola con una visione più completa del mondo e dei suoi misteri. Il gruppo di Bologna tenta di raggiungere il traguardo con grande semplicità di mezzi».
IL CORRIERE DELLA SERA, Emilia Costantini



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