PICCOLO PARALLELO
Il Romanzo del Piccolo Parallelo
Enzo G. Cecchi 2006


Il Romanzo del Piccolo Parallelo-Enzo G. Cecchi

1977-1981

Alcuni anni sono stati importanti per persone della mia generazione specie se abitavano a Bologna. Anni focosi, gente armata, sangue. Ma anche la voglia, a modo proprio e in maniera confusa, di volere cambiare il mondo. 1977, uno studente, Francesco Lo Russo, viene ammazzato dalla polizia nei pressi dell’Università ed esplode un malcontento generale che già era nell’aria. Abitavo da due anni a Bologna, via S. Stefano, strada non distante da quello che diventerà il Dams e non distante dalla sede del MSI. Piazza Maggiore, Nettuno, le due Torri, Università, piazza S.Stefano, da qualunque parte mi girassi, capitavo sempre in mezzo ai casini. Anni in cui se eri di sinistra, vestivi in un certo modo, di destra in un altro e anche il teatro doveva essere creativo e politicizzato. Frequentavo poco o niente il teatro, fra gli altri avevo visto uno spettacolo con Manuela Kusterman e uno con Piera Degli Esposti. Lotta Continua, Potere Operaio, Movimento, Femministe, cani sciolti, indiani metropolitani, radio Città, radio Alice, naturisti.Anni in cui le brave e i bravi ragazzi non volevano più essere così bravi e inserivano nel proprio vocabolario parole rivoluzionarie come cazzo, figa, incularti, ti sparo.

Con i risparmi avevo comprato una macchina fotografica e tutta l’attrezzatura per sviluppare. Giravo e fotografavo. Avevo deciso sarei diventato fotografo. Negli attacchi di polizia riuscivo sempre a fuggire. Il ragazzo nudo che si inerpica sul Nettuno, i fumogeni, la devastazione. Un pomeriggio, stanco di fumogeni e di fughe, vedo un manifesto: “solo per oggi Salò di Pasolini”, un cinema del centro, il Royal che chiamavamo il troial perché normalmente proiettava film porno. Non so quanta gente ci fosse, non credo più di cinque. Amavo molto capitare in mezzo alle manifestazioni perché dopo un attacco e relativa fuga, c’era sempre qualcuno che ti chiedeva di abbracciarti. Finiti i casini, in una città che non sapeva più come muoversi, a settembre, alcuni filosofi francesi avevano organizzato delle giornate contro la repressione. Sembrava di vivere una nuova primavera; improvvisamente confluirono a Bologna giovanotte e giovanotti da tutta Europa. In giro con i sacchi a pelo e il sorriso di chi ha una vita davanti. In una delle tante riunioni conosco, fra migliaia di altri ragazzi, un ragazzino, la faccia pulita. Da dove vieni? Da Pumenengo. Cos’è? E’ in provincia di Bergamo. Diverse volte mi sono chiesto, anni dopo, cosa succedesse, oltre Bologna, Milano e Roma, nelle altre città e soprattutto nei paesi. Quali eco. E cosa ci fai da Pumenengo a qua? Ho letto sul Manifesto volevo vedere cosa succedeva. Un sorriso per diventare amici e poi assieme alla manifestazione finale, divisi rigorosamente per settori. Movimento, Lotta Continua, Femministe e alla coda lesbiche, omosessuali e transessuali. Davanti gli ultras a muso duro e pugno chiuso, in coda l’allegria sfrenata. Si cantava si urlavano slogan, si ballava. Alla sera accompagno il ragazzetto alla stazione. Come ti chiami? Marco. Ciao io sono Enzo.

I giorni successivi vengo convocato dal direttore della associazione per cui lavoravo. “Credo abbiamo grosse divergenze politiche, cosa facciamo? Si licenzia lei o la licenzio io?” - “io”. Dovevo fare un po’ di ordine nella mia vita, mi piacevano troppe cose e le volevo fare tutte. Decisi di terminare l’Università e avevo trovato lavoro come addetto al carico scarico, in una fabbrica di macchinari. Sindacato, organizzazione, salette dopolavoro. Qua ho conosciuto ragazzi che avevano parenti implicati nel terrorismo. Dopo il settembre del ’77 era iniziato un lento percorso di normalizzazione. Improvvisamente ha iniziato ad esserci uno spaventoso giro di droga. Vedevo la mia generazione, quella del sottosuolo, bruciarsi. Lavoravo, studiavo, stavo con i miei amici, vedevo film, frequentavo tutti i festival possibili, come il festival di teatro di Copparo, o le varie scatenate performaces come uno stage con Lyndsay Kamp alla galleria d’arte moderna. Bologna in quel periodo, era il concentrato intelligente e creativo di tutto ciò che non c’era nel resto d’Italia. Studiavo, lavoravo, non volevo perdere nulla ed ho iniziato a frequentare Marco.  Con lui, che già lavorava la sera al C.U.T. di Bergamo, ho visto gli spettacoli della Milano Off, ma anche quelli più off di Mario Mieli e Ciro Cascina. Amavo i trampoli, me li ero costruiti artigianalmente e la domenica mattina o la sera andavo ai giardini Margherita; gli altri correvano, camminavano, amoreggiavano, io andavo sui trampoli e ogni tanto cadevo in maniera massacrante. Un giorno arrivo a Bergamo con i trampoli in spalla perchè Ludovico Muratori, attore del Teatro Tascabile e amico di Marco, aveva accettato di inse-gnarmi  alcune regole. Lui avanti io dietro. Se cadi ti rialzi e non ti voglio vedere piagnucolare. Per mezza giornata su e giù per Bergamo alta. Mai fatto tante cadute tutte in una volta.

In questi anni Marco continuava con gli spettacoli del C.U.T. Quando si poteva si andava da qualche parte a seguire un corso, uno stage,un laboratorio. Nel frattempo a Bologna, avevo insegnato ad andare con i trampoli a Giuliano e a Lorenzo e si girava a tutte le manifestazioni. Avevamo contatti con il quartiere dove abitavo, il Baraccano e ci avevano dato una sala prova in cambio di uno spettacolo che abbiamo fatto, pur in maniera confusa. Facevo le acrobatiche con i trampoli e Lorenzo la base. Pure il mangiafuoco, me lo avevano insegnato le mie amiche del Teatro Viola. Giuliano con il fuoco era pericoloso perché distratto; infatti la fiaccola gli era finita in mezzo al pubblico. Avevo conosciuto il“Teatro Viola” quattro attrici terzo teatriste toste e incazzate. Nelle parate con loro ero in coppia con Maia che sui trampoli faceva il maschietto. Io avevo un vestito rosa fucsia e facevo la sua compagna; ballavamo il tango sui trampoli mentre le altre suonavano. Tramite Giuliano avevo conosciuto Lindsay Kamp e gli attori di un gruppo Olandese: Sheer Madness. Con Marco si girava l’Italia per vedere spettacoli, nel frattempo mi ero laureato e licenziato e facevo lavori a tempo determinato per potermi pagare i corsi. Lavori duri tipo fonderie, fabbriche, ma anche di notte, la tipografia del “Resto del Carlino” o posteggiatore in Fiera. Anche Marco si era licenziato dal suo lavoro per rintanarsi in una serra e il C.U.T.e gli spettacoli che producevano, gli andavano stretti. Voleva di più.

In questi anni dopo '77, erano successe tante cose. Rapimento e assassinio di Aldo Moro. Abolizione degli ospedali psichiatrici. Muore Paolo Sesto, muore Papa Luciani, diventa Papa il polacco Wojtyla. Nasce il business delle comunità. La stagione del terrore non è ancora terminata. Non si è ancora spento l’eco del DC9 Itavia che a giugno è esploso nel cielo di Ustica e improvvisamente l’impensabile. Agosto, la gente va in ferie, le stazioni ferroviarie sono piene. Due agosto 1980, ero a Cesena, mi telefona Marco:“hai sentito la radio?” – “no” – “sembra che alla stazione di Bologna sia scoppiato qualcosa”- “qualcosa cosa?”. Prendo il primo treno e arrivo in una stazione nel caos, i sottopassaggi bui sapevano di polvere da sparo. Fuori ambulanze, sirene e la devastazione Ad un certo punto mi sento chiamare, non capivo niente. Mi sento prendere per le spalle, non capivo niente. Una persona mi viene davanti,era Giuliano ed abbiamo iniziamo a piangere. Ho vissuto questa bomba come la fine di un periodo. La fine della mia giovinezza un po’ prolungata.



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Enzo G. Cecchi


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Marco Cavalli (Sindaco di Romanengo) e Enzo G. Cecchi


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Lettera

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